Un mondo affascinante che in parte occorre saper immaginare e in parte, appunto, rivive nei bellissimi allestimenti del Museo dei Fossili ad Asti, ospitato a Palazzo Michelerio. Tersilla, la balenottera ritrovata a San Marzanotto nel 1993, è un po’ la mascotte del Museo e, assieme al primo cetaceo praticamente intatto rinvenuto a Vigliano nel lontano 1959, ci racconta una storia di milioni di anni quando queste colline erano davvero tutto…mare. Accanto ai segreti di questo sottosuolo sorprendente ecco poi in superficie angoli intatti di silenzio, ombra e verde che costituiscono una destinazione turistica innovativa per chi ama gli spazi aperti, le camminate, la solitudine con la sola compagnia di un libro o di un cane, i percorsi naturalistici e gli alberi secolari.
Prima tappa è quindi Azzano, piccolo borgo affacciato sul Tanaro con mirabile vista sulla città di Asti. Dopo le distruzioni napoleoniche della potente Abbazia che allungava la propria influenza proprio su tutte queste fertili terre fluviali, non resta più nulla: solo campi in località Moglia su cui però sarebbe interessante compiere scavi. Una lapide affissa accanto alla parrocchiale ricorda l’operosità dei monaci e la loro importanza storica.
Il borgo successivo è Castello d’Annone, con la sua Chiesa parrocchiale (bello l’altare policromo, unica vestigia della scomparsa Abbazia di San Bartolomeo di Azzano) mentre in luogo del castello-casaforte astigiano andato perduto da secoli, abbiamo oggi un piccolo parco attrezzato sopra all’abitato; esiste poi qui anche un’Oasi WWF detta “Bosco del Lago” fitta di querce e carpini.
Eccoci poi, infine, a Rocchetta Tanaro, celebre per Giacomo Bologna, uno dei padri storici del riscatto della Barbera; ma è anche famosa per l’abilità nel commercio e la vena ruvida ma sincera dei suoi abitanti che parlano un dialetto autoctono tutto loro, nonché per una vocazione alla festa e per tradizioni antiche e curiose. Come non citare, infine, vini, tartufi e una cucina grassa e rotonda che qui si sublima nelle geniali “Lingue di Suocera” (una via di mezzo tra un grissino e una sfoglia) e nel Raviolo Gobbo astigiano, l’apoteosi di tutti gli agnolotti piemontesi.
Arricchiscono la zona le presenze artistiche come la diruta Cappella di Sant’Emiliano, spezzoni di bastioni e torri del castello, la Confraternita dell’Annunziata con lacerti di affreschi e tracce romaniche, l’importante Chiesa romanica di Santa Maria de Flexo (detta delle Ciappellette) oltre a numerose ville liberty.
La storia di quest’area protetta fa onore ai suoi abitanti che fermarono la creazione di una discarica industriale iniziando le “passeggiate” tra boschi, bric e ciabòt per riappropriarsi anche fisicamente della propria terra. Le amministrazioni recepirono questo messaggio forte e il processo terminò con l’istituzione regionale che definì la Riserva Naturale nel 1993. Il simbolo è un ramarro che in piemontese si dice “Lajeu” italianizzato in Lajolo, non a caso il cognome più diffuso del luogo. Il che ci porta dritti alla vera chiave di lettura di questo spicchio di Monferrato: i libri e l’attività di Davide Lajolo, partigiano, scrittore e giornalista di cui si dovrebbe almeno leggere “I më”, raccolta di racconti ambientati su queste stesse colline, un’opera che coglie bene il senso stesso di appartenenza a una comunità contadina, trasmesso magistralmente dallo scrittore.
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Scopri di piùUn giro per la Riserva Naturale della Val Sarmassa non può dunque esimersi da una visita al Bricco dei Cinquant’anni e al Ciabòt di Montedelmare, ai sentieri partigiani come alle grotte nel tufo usate da rifugio contro i rastrellamenti nazifascisti e soprattutto dalla salita alla “Ru”, l’enorme quercia che veglia su queste colline da secoli. I percorsi sono molto ben segnalati, così come il calendario delle storiche passeggiate letterarie che ancora proseguono ogni anno.
Vinchio fece degnamente parte della Repubblica Partigiana del Basso Monferrato (proclamata ad Agliano il 5 novembre 1944); il paese è noto anche per l’apprezzato asparago detto “saraceno” ricercatissimo in primavera. A Vaglio Serra, invece, c’è ancora un palazzotto nobiliare barocco e il contiguo palazzo comunale seicentesco. Da vedere il fonte quattrocentesco nella Parrocchiale, il Giardino Pensile dei Tassi e il bel cantinone adibito ad eventi culturali.
Il nostro percorso volge quasi al termine, passando per Incisa Scapaccino, nel cui abitato basso terminano i territori della Riserva, sotto la romantica rocca che fu Marchesato indipendente, imprendibile tutta circondata dal Belbo.
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Scopri di piùIl terzo parco astigiano è invece quello della Riserva della Valle Andona, Val Botto e Val Grande a sua volta strappato alla speculazione della discarica di Valle Manina nel 1985. Se ne parla diffusamente nell’itinerario dedicato alle Ventine astigiane.
NOTA BENE: La competenza sulla manutenzione e sulla percorribilità dei vari sentieri è in capo ai comuni sede di percorso. L'Ente Turismo, pertanto, non risponde di eventuali disservizi, ma è volentieri a disposizione per raccogliere le vostre segnalazioni, così da poterli inoltrare alle autorità interessate.